venerdì 25 novembre 2011

Sognare fa bene...

Secondo questo articolo, che riporta un esperimento della University of California a Berkeley, sognare è una sorta di auto-terapia.
Un modo per rielaborare le esperienze vissute e spazzare via le sostanze chimiche legate allo stress.

sabato 19 novembre 2011

Autenticità

Quanto del nostro malessere è dovuto al sentirci costretti, ogni giorno, a vivere dentro ruoli decisi da altri?
Quanto benessere scaturisce all'improvviso quando ci comportiamo con spontaneità?
Non sempre si può essere se stessi, spesso occorre mettersi qualche filtro, per poter convivere in pace con gli altri. E' normale... Ma è importante conoscere noi stessi, per poter scegliere quando accettare il compromesso e quando no, quando accontentarci della facciata e quando andare oltre... prima che fingere così spesso ci porti a dimenticarci chi siamo e non capire nemmeno più cosa ci piace e cosa no.

giovedì 17 novembre 2011

Apprendo che in Sardegna sta nascendo un corso di Laurea in... felicità.
Cosa ne pensate?
A mio parere è interessante... e forse è un chiaro segno dei tempi. C'è bisogno di ripartire dall'essenziale.

5 semplici regole per stare bene

Sono regole così semplici che ci sembrano banali e inutili e non le seguiamo.
Vero? Quanti di noi si ricordano ad esempio di:

  1. Respirare lentamente. Far scendere l'aria bene nella pancia. Tenerla lì un momento, e poi espirare, di nuovo lentamente. Provateci, in questo momento. Non vi sentite subito meglio?
  2. Dormire abbastanza. Certe volte la sera siamo così stanchi che andremmo a dormire prestissimo. Poi però, anche quando finiamo le cose che dobbiamo fare per forza, ci sentiamo frustrati... abbiamo lavorato tutto il giorno... e così ci costringiamo a restare davanti all'ennesimo banale programma TV fino a tardi. Proviamo a dire di no, per una sera. Andiamo a dormire presto, quando ce ne viene voglia. Ci sveglieremo più riposati e di umore migliore.
  3. Fare cose che ci piacciono durante la giornata. Cerchiamo di non complicarci troppo la vita. Cerchiamo di trovare cose che ci piace fare e cerchiamo di arricchire le nostre giornate con quelle cose. Così, andando a dormire, ci sentiremo più soddisfatti.
  4. Mangiare bene. Non significa andare nei ristoranti più costosi... ma prepararci con amore cose genuine. Non accontentiamoci di un surgelato precotto... Ci meritiamo qualcosa di meglio! Pochi condimenti, verdure di stagione, cereali, legumi.
  5. Muoversi! A volte si diventa pigri perché non si riesce a trovare il movimento giusto per noi. Provate molte cose, finché non trovate quella giusta. Ballare, camminare, fare yoga, correre, oppure andare in palestra, fare acqua gym o chissà. Muoversi non solo fa bene, ma ci rende anche più felici.

Yoga, respiro e benessere

La mia prima lezione di Yoga per me fu una sorpresa.
Non tanto per la sensazione di accoglienza data dal gruppo, non solo per la scoperta di essere ancora abbastanza flessibile e non del tutto "incriccata" dopo un anno di inattività, quanto per una cosa apparentemente banalissima.
Basta cambiare il ritmo del respiro per stare meglio.

Sembra assurdo, e infatti nella vita quotidiana non lo si fa mai.
Succede qualcosa che ci agita, ci coglie impreparati, e invece di fermarci un attimo e centrarci, ci agitiamo ancora di più. Ci sembra che non si possa fare altro che buttarci a capofitto nella cosa che ci turba, non rendendoci conto che così perdiamo la calma e la lucidità necessarie ad affrontare il problema.
Invece, seduta a gambe incrociate, tappando prima una narice e poi l'altra, respirando a fondo, ho sentito che la prima cosa da fare in ogni situazione è non dimenticarsi di respirare.

Per approfondire, leggi qui: http://www.cure-naturali.it/tecniche-yoga/972/respirazione-yoga/1802/a

mercoledì 16 novembre 2011

La compassione attiva il sistema immunitario

Questo bellissimo discorso di Joan Halifax non è solo fonte di ispirazione e stimolo, ma sostiene un concetto fondamentale: l'empatia e la compassione fanno davvero bene alla mente e al corpo.
"La compassione attiva il sistema immunitario", dice Joan.
Credo che questa sia una verità fondamentale, e che allenarsi alla compassione faccia bene non solo agli altri, ma a noi stessi.

A un passo dalla felicità

L'altro giorno ero in libreria e, come sempre, anziché andare diretta a prendere quello che stavo cercando, ho girovagato qua e là finché... un libro non mi ha chiamato.
Ho tentennato, non mi decidevo, alla fine l'ho comprato. E mi è piaciuto molto!
L'ho divorato, ma lo rileggerò con calma.
E' un libro che parla della felicità, di come cercarla, o meglio, di come evitare di affannarsi a cercarla bensì creare le condizioni perché ci nasca dentro. E' un libro che parla di come siamo fatti, noi esseri umani, con i nostri mille difetti, insoddisfazioni e insicurezze. Mi ha confortata, divertita, leggerlo mi ha fatto sentire come dopo una lunga chiacchierata con un'amica.
Un'amica molto saggia.

Per chi può essere interessato, linko qui un articolo della stessa autrice sull'ossessione di non piacersi.

Cosa ci rende felici?

Se come me amate i discorsi appassionati, vibranti e coinvolgenti, soprattutto se sono tenuti da persone competenti, fatevi un giro qui.
Troverete una serie di riflessioni intelligenti su cosa ci rende felici, sulla bellezza, la gioia e tutto ciò che ci rende esseri umani.
(Potete selezionare i sottotitoli in italiano!)

venerdì 28 ottobre 2011

Torno qui

Torno qui perché è come una stanzetta dove chiudermi a riflettere. Quando tutto il resto crea baraonda, mi rifugio qui dentro e lascio il caos indistinto alle mie spalle. Ho un bisogno pazzesco di riprendermi me stessa, ultimamente. E' come se avessi buttato il mio baricentro fuori di me e l'avessi perduto.
Ho cambiato tante cose tutte insieme e ho creduto di dover cambiare me stessa. Invece devo prendere un metaforico microfono e provare ad amplificare la mia vera voce, rimasta sommersa. O forse basterà venire qui e chiudere fuori il rumore.
E' bello, finalmente, riuscire a ritrovarmi. Dietro le cose fatte e non fatte, gli errori, i tentativi, le speranze, ci sono ancora io. Qualsiasi cosa faccio da qualche parte resto, e mi riprendo al volo prima di perdermi.
E così mi darò spazio e tempo, creerò dei buchi spaziotemporali dove stare a galleggiare senza fretta, ascolterò la pancia e seguirò i suoi consigli, perché anche se bisogna fare i conti con la realtà non c'è scritto da nessuna parte che i sogni non si realizzeranno. Mi prenderò cura di me e farò quello che mi serve per essere felice. Bon.

domenica 16 ottobre 2011

Proverbio cinese

Le verità che meno amiamo udire
sono sovente quelle che
abbiamo maggiormente bisogno di conoscere.

Comprendere il malessere per risolverlo

E' stato quasi per caso che un giorno decisi di acquistare questo libro. Avevo appena partecipato ad una serata in cui si era parlato di meridiani, shiatsu, e tante altre cose. Nella mia testa tutto era ancora molto confuso, ma volevo capire meglio. "Dimmi dove ti fa male e ti dirò perché" è il libro giusto per chi si avvicina per la prima volta ad una visione diversa della malattia.

Molto spesso ci capita di subire disturbi che ricompaiono ciclicamente, malattie magari non gravi ma fastidiose che non riusciamo a guarire una volta per tutte. Allergie, problemi alimentari, mal di testa: possono essere segnali del nostro corpo che tenta di dirci che qualcosa non va.
Può essere qualcosa nella nostra vita che non ci soddisfa, qualche difficoltà con la quale non riusciamo a fare i conti, qualche cosa che ci costringiamo a fare anche non volendo...
La prossima volta che non stai bene prova a farti questa domanda: cosa sta cercando di dirmi questo dolore?

domenica 9 ottobre 2011

I Ching: come usarli consapevolmente

Qualche anno fa mi capitò per caso tra le mani un libro: I Ching, il Libro dei mutamenti.
L'I Ching è un metodo di divinazione di antichissima origine cinese, basato su 64 esagrammi formati dalla combinazione di 6 linee intere o spezzate.
Lanciando per 6 volte 3 monete uguali è possibile ricavare un risultato che dà delle indicazioni sul proprio momento presente o su una specifica domanda che ci sta a cuore.
Poco per volta questo libro è diventato per me un compagno fedele dei momenti difficili, una guida per le decisioni più complicate, un supporto per i giorni in cui sembra tutto confuso e non si sa che pesci prendere.
Ho anche cominciato a utilizzare l'I Ching per rispondere a domande di altri, cercando di dare un aiuto a chi si trovava in un dilemma.

Questo vuol dire abbandonare il proprio libero arbitrio? Spegnere l'intelligenza e lasciarsi dire da un oracolo cosa fare? Assolutamente no. A mio parere non bisogna utilizzare l'I Ching come un metodo per liberarsi di ogni responsabilità. Anche perché molto raramente la risposta che si ottiene è netta e precisa. Molto più spesso occorre essere bravi a interpretarla, a partire dalla domanda posta. L'I Ching non sempre ci dice cosa fare, ma ha il valore di aiutarci a mettere a fuoco meglio una situazione. Soprattutto se lo facciamo con una persona esperta, una persona che vede il nostro problema da fuori e ne ha una visione meno "coinvolta": leggendo il nostro risultato troveremo sempre qualcosa che ci colpirà in modo particolare e ci aiuterà a vedere il nostro problema da un punto di vista diverso.

Il valore più grande dell'I Ching, a mio parere, è quello di fungere da "specchio", aiutando la persona a dare senso alla sua realtà. Tutto questo viene ulteriormente rafforzato dalla presenza di un "intermediario" o "interprete" in grado di sottolineare gli elementi fondamentali e restituire alla persona l'esperienza.

Cambia il modo in cui guardi le cose... e le cose cambieranno!

Bisogno di approvazione

Aver bisogno di essere approvati è come dire:
"Val più il tuo concetto su di me 
dell'opinione che ho su me stesso"

Wayne W. Dyer

Le vostre zone erronee

Wayne W. Dyer, Le vostre zone erronee


Questo libro, che potete trovare negli scaffali dedicati al self-help e alla psicologia, ha secondo me il pregio di essere onesto. Nel senso che non è esageratamente ottimista o spirituale, non predica nulla di impossibile. Si propone, anzi, di aiutare il lettore a diventare indipendente dai giudizi altrui.

Scritto con lo stile scorrevole e colloquiale tipico degli autori americani di questo genere di manuali, Le vostre zone erronee è un libro scorrevole e divertente. Questo non vuol dire che sia facile mettere in pratica ciò che consiglia...

E' il libro giusto per chi ha la sensazione di vivere una vita che non è la sua, per chi non ha il coraggio di liberarsi dagli stereotipi o dal ruolo che gli è stato affibbiato, per chi si sente costretto, per chi fa fatica a fare ciò che sente se gli altri, intorno a lui, non approvano.
Mi ha aiutato a centrarmi su me stessa, a dare meno peso ai giudizi, e ogni tanto lo rileggo per ricordarmi che la sola opinione veramente importante su di me e sulla mia vita... è la mia!

Sentirsi feriti

Quando qualcuno ti ferisce, non chiederti perché l'ha fatto.
Chiediti quale dolore ha risvegliato dentro di te.

mercoledì 14 settembre 2011

Dico sempre che smetto di scrivere ma poi riprendo. Oh mannaggia quanto sono altalenante. Sono altalenante in tutto ma soprattutto nello scrivere. E va beh.
A volte mi sembra, nella vita, di fare dei grandi passi avanti. Ma poi passa un po' di tempo, mi immergo nella vita senza tempo di pensare a niente, e quando riemergo a respirare non mi sento affatto più avanti di prima. Mi sento in un altro punto, ma non più avanti.
Ho letto da qualche parte che un'alta percentuale della felicità di ognuno di noi è genetica. Nel senso che, a parte sfighe allucinanti o fortune pazzesche, più o meno siamo felici quanto ce lo permette la nostra natura.
E così mi arrendo al fatto che l'inquietudine mi accompagnerà sempre.

mercoledì 11 maggio 2011

Crescere fa paura

C'è qualcuno che, cinque piani più giù, sotto la finestra dell'ufficio, suona al sax My Way. E così, mentre qualcun altro dell'ufficio accanto comincia a fischiettare, decido che è ora di prendermi quei 5 minuti per me. Per smettere un momento di preoccuparmi di cose lavorative e fare uno di quei respiri larghi che ci sta dentro tutto. Ci sta la nostalgia della mia stanza vecchia, piena di legno e candele, vicina ai boschi e ai fiumi. Ci sta lo straniamento di una casa nuova che sta diventando nostra mentre la viviamo, ma alla quale non sono ancora abituata. Ci sta lo scarto che si crea tra i progetti che si vivono nella mente quando si desidera qualcosa e la loro traduzione in realtà quotidiana. E poi la meraviglia per la primavera che avanza, i fiori che sbocciano, il nostro vaso di fragole sul balcone. La preoccupazione per un lavoro nuovo che mi chiede cose nuove, diverse da quelle a cui ero abituata. La sensazione, a volte, di essere finita nella vita di qualcun altro: qualcuno più deciso, determinato, professionale di me. La paura di non sapermi vivere in questi nuovi ruoli: di perdermi un po'. E poi, alla fine, la soddisfazione per avercela fatta: per essere oggi un pochino più vicina a quella me stessa che sognavo libera e distante dalle radici, lanciata nella vita.

martedì 26 aprile 2011

L'incapacità di aderire totalmente a qualcosa

C'è una cosa di cui mi sono accorta poco a poco, crescendo. Una caratteristica di me stessa che nel corso del tempo si è resa sempre più nitida ai miei occhi. L'incapacità di aderire totalmente a qualcosa. Ovvero: qualsiasi cosa io faccia o pensi, non ci sono mai dentro al 100%. E' come se mi tenessi sempre un angolino critico, uno spazio di distanza. Per questo da ragazzina non sono mai stata perdutamente fan di qualcuno, né sono stata integrata nei gruppi di amici, né sono stata capace di inserirmi in qualche altro gruppo (di teatro, di musica, di qualsiasi altra cosa) e restarci, credendoci fino in fondo. Ci sono tante cose che mi piacciono e tante cose che mi piace fare con gli altri, ma mai al punto di buttarmici tutta dentro, mai al punto di perdermici e identificarmi con esse.
Sarà per questo che poi non riesco a scegliere una strada e perseguirla? Sarà per questo che mi ritrovo a fare spesso tante cose diverse, perché dopo un po' qualsiasi punto di vista comincia a starmi stretto?
O sarà immaturità, incapacità di scegliere?

giovedì 14 aprile 2011

C'è un certo tipo di stanchezza che non è solamente quello di quando dormi meno del solito e hai tante cose da fare. C'è un certo tipo di stanchezza che è anche malinconia del chiedersi se questa vita che sto facendo mi assomiglia, se è quella giusta, se mentre mi appendo alle maniglie del tram o mentre accendo il pc dell'ufficio sono al mio posto o se sono finità lì per caso, come a volte mi sembra.
E non è vero in realtà, perché anzi, sono scelte che ho fatto e so bene perché, eppure continuo a pensare che non riesco a capire come si fa a scegliere e come si fa ad essere tranquilli di aver scelto bene. Che la mia inquietudine non sia un male me l'ha detto una persona speciale quando ancora non mi conosceva molto: adesso forse non lo direbbe più.
Forse, semplicemente, è grazie all'inquietudine se non mi adagio, se cerco di dare alla mia rotta continui aggiustamenti. Però è colpa dell'inquietudine se non mi rilasso, se mi sento sempre comunque in forse.
Ho sempre cercato di capire qual era il mio destino, la mia strada: è un'ossessione che non riesco a calmare. Forse sono come Ulisse: incapace di fermarsi perché incapace di fermare la sua curiosità. Forse semplicemente non sono fatta per una strada sola e ne proverò molte, perché solo nella molteplicità trovo tutte le sfaccettature che mi piacciono.
Forse è semplicemente accettando tutte le mie sfumature che saprò fare il mio cammino.
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Credo che in tutto questo ci sia soprattutto paura di quello che si perde, a scegliere: come quando lasci qualcuno e fai fatica anche se sai che è la cosa giusta e soffri. Sono avida, vorrei tutto insieme, vorrei poter non rinunciare a niente. E invece è così la vita. Non riesco a lasciar andare via le cose, le persone: da fuori sembra il contrario, ma faccio un gran calderone dentro di me e mescolo ricordi, facce, sensazioni. Vorrei poter fare tutto, vorrei poter essere tutto: brava sul lavoro, ottima a casa, amica perfetta, e già che ci sono pure bellissima. Ma sono solo una piccola persona.

mercoledì 30 marzo 2011

Dove sta il senso

Dove sta il senso della vita?
Così, senza preamboli, me lo chiedo.
Mi capita di chiedermelo più spesso quando mi trovo in situazioni che per me sono meno spontanee, più forzate o indotte, o semplicemente in qualche modo difficili.
Dove sta il senso della mia vita?
E' quello che faccio? E' come lo faccio?
Sono le grandi decisioni o i momenti lievi?
Sono le persone che mi scelgo accanto?
Sono io stessa, con tutto ciò che di buono e di cattivo porto appresso?

Da bambina e da ragazza ho sempre immaginato che da grande sarei stata una persona speciale. Un'artista, oppure una viaggiatrice nomade, oppure ancora dell'altro, ma mai mi sono vista in una vita normale. Poi, con tutte le difficoltà che si incontrano quando si prova a buttarsi davvero nel mondo, ho temuto anche di non farcela, a guadagnarmi una vita normale. Adesso sento la nostalgia dei sogni che devo abbandonare, sento il dolore di rinunciare a quell'idea di me stessa così libera e selvaggia, sento il limite pressante di poter fare una vita sola, di poter avere un futuro solo. Anche se non è forse così vero, perché poi dove ti porta la vita non si sa, ma certo mi tocca scegliere, sfrondare, tornare sulla terra, diventare concreta, diventare adulta.

Smettere di pensare che non mi importa nulla perché tanto tra un po' me ne vado e cambio vita. No, adesso mi tocca crescere, e crescere vuol dire prendere la realtà e amarla per quello che è e cercare con piccoli tocchi di darle forma sempre più vicina a ciò che si vorrebbe, come si plasma un vaso.
E forse, trovare proprio in questo lavoro quotidiano il senso della vita.

lunedì 28 marzo 2011

Treni e non-luoghi

Riparto con sollievo. Il treno è affollato e rumoroso, ma lì mi sento a mio agio. Mentre i vetri si appannano e la notte diventa scura penso che i treni sono uno dei posti in cui mi sento meglio. Quando viaggio su un treno lasciando scorrere lo stream of consciousness così come viene mi sento perfettamente a mio agio, in mezzo ad altri viaggiatori di cui non so nulla. Mi sento libera: non obbligata ad intessere per forza rapporti, libera di starmene zitta a pensare ai fatti miei, libera di andare, di spostarmi, di essere. Allora all'improvviso penso che forse posso sentirmi davvero a mio agio solo nei cosiddetti non-luoghi, nei posti di passaggio, dove nessuno mi conosce e mi appiccica etichette addosso, dove nessuno si aspetta qualcosa da me, dove posso semplicemente guardare il mondo che mi scorre accanto.
Riuscirò a rendere addomesticabile questo lupo solitario che mi sento di essere?

domenica 27 marzo 2011

Tornare è un po' morire

Torno al paese, e nonostante tutti i miei pensieri romantici sulle radici che terrò per sempre qui, appena arrivata mi sento respinta. Sento, in modo doloroso e struggente, che questa non è la mia casa: non lo è mai stata e forse non lo potrà mai essere, di sicuro non nel senso dolce e accogliente che vorrei dare alla parola casa.
Sento che io in qualche modo sono fatta della stessa sostanza di queste montagne e di questi boschi, sento che l'aria che ho respirato qui mi ha dato forma e materia. La mia selvatichezza, che in passato ho faticato a sopportare e che adesso tengo con cura, non potrebbe esser nata altrove.
Eppure, non posso stare qui, non posso trovare pace qui.
E, con dolore, riparto.

giovedì 24 marzo 2011

Oggi mi manca - parte II

E penso che nella vita in qualche modo ho sempre rimandato questo momento, non mi sono mai fermata, non ho mai concesso a me stessa di affezionarmi abbastanza a un luogo, a una vita. Ho sempre immaginato me stessa altrove, in altri ruoli, con altre persone. Un bel modo per fuggire da me stessa, dalle mie paure, ma forse anche da qualche gioia, che anche le gioie spaventano.
Adesso posso trovare il coraggio di dire a me stessa: "c'è tempo", posso guardarmi intorno senza la fretta di capire, di conoscere, di risolvere, di sistemare tutto. Mi riprometto di dare alla mia vita il tempo delle piante: i frutti maturano quando è il momento.

Oggi mi manca

Oggi mi manca la sensazione di sicurezza che si ha nel percorrere strade note in ogni dettaglio, strade che ci accompagnano da tanto tempo. Mi manca l'abitudine di sapere quando è ora di alzarsi dal tram per scendere alla propria fermata, io che ancora devo guardare bene fuori per sapere se sono arrivata o no. Mi manca la sensazione di calore che si ha quando ci si infila nel proprio letto, e per riflesso la tranquillità di chi si risveglia tra le quattro mura della propria stanza, tra oggetti familiari e affettuosi.
Sono di passaggio, ancora presto per buttar fuori radici, mi sento senza terra sotto i piedi come fossi George Clooney in Up in the air.
Mi manca la bellezza del vedere i risultati di una semina, della cura di qualcosa. Tutto ancora deve cominciare.
Sono qui sospesa, appesa a un filo, tutto ciò che tocco mi sembra fatto d'aria e non lo posso tenere in mano.
Ma presto passerò dal vaso alla terra del giardino.

venerdì 11 marzo 2011

Tornerò a scrivere post più lunghi e riflessivi, tornerò ad avere il tempo di guardare a lungo fuori da una finestra, di immergermi nella contemplazione, di sentire la vita scorrere placida con me dentro: adesso mi sento piuttosto come un naufrago in un torrente veloce, ma è una corrente di vita, quella che mi sta trasportando, e allora va bene così.

lunedì 7 febbraio 2011

Come si fa

Quando grandi cambiamenti incombono, la vita sta per prendere un giro nuovo, e tu sei lì come una zattera nella tempesta, o almeno così ti senti. Sono tutte cose che ti sei cercata e hai atteso, e hai lavorato e ti sei impegnata per poterci arrivare. Eppure all'improvviso ti senti piccola, imbranata, ti vengono mille dubbi e ti chiedi...
Come si fa a dire a se stessi: "andrà tutto bene, non aver paura!"?

giovedì 6 gennaio 2011

Il massaggio a 4 mani

Qualche tempo fa mi volevo far insegnare un nuovo tipo di massaggio da un amico. Così, complice una comune amica che si è prestata come cavia, abbiamo massaggiato insieme, con lui che mi spiegava sottovoce i movimenti da fare e io, un po' più lenta, che lo seguivo.

Non era il primo massaggio a 4 mani che facevo, e come sempre mi ha dato delle bellissime sensazioni. L'ascolto reciproco, la condivisione, il senso più "collaborativo" e quasi giocoso del fare insieme, del fare insieme qualcosa di bello.
Massaggiare a 4 mani crea un rapporto diverso anche con il massaggiato: forse meno intenso, ma più leggero in senso buono, più liberatorio. Se massaggio da sola tutta la mia attenzione è sul massaggiato. Se massaggio con qualcuno, la mia concentrazione si spartisce, e il lavoro diventa quasi una coreografia, un gioco di tempi e di movimenti. Anche il massaggiato si sente forse meno "osservato" e riesce a rilassarsi meglio.

Dopo questa esperienza, credo che collaboreremo ancora.

lunedì 3 gennaio 2011

Difficoltà del massaggiatore: consigli

Massaggiando, ricevendo massaggi e confrontandomi capita di accorgersi di piccoli "errori": segno e prendo nota per memorizzarli, magari potranno essere d'aiuto anche a qualcun altro, forse a chi, pur non avendo una formazione specifica, ama il massaggio e lo pratica volentieri.
  • Mano indecisa: mai esitare! La mano deve sempre appoggiarsi sul corpo del massaggiato in modo deciso, aderendo alla pelle con tutte le dita e proporre un movimento pieno.
  • Zone delicate: non essere brusco! Alcune parti del corpo, come le dita, la zona vicina all'inguine, il viso, l'area sotto il ginocchio e tutti i punti in cui la pelle è più sottile, sono più delicate. Tienilo presente quando massaggi: la pressione dev'essere minore.
  • Maledetto solletico! Se senti che appena tocchi quel centimetro di pelle il massaggiato schizza verso il soffitto prova a dare un tocco diverso, più deciso e a mano aperta. Se non c'è niente da fare, passa oltre...
  • Senza fretta! Nessun massaggio viene bene se mentre lo fai pensi che non vedi l'ora di finirlo. Piuttosto rimanda ad un'altra occasione, ma scegli sempre un momento in cui non ci sia bisogno di correre.