giovedì 25 novembre 2010

Adesso mi dico: è ora di cambiare

No perché io mi sono stufata. Semplicemente per quello. Mi sono stufata dei pensieri pesanti, del pessimismo, dell'amarezza, della tristezza. Ok, un po' ci vuole, ma perché devo sempre vedere il bicchiere mezzo vuoto? In realtà lo so perché, visto che vivo in una famiglia che ha sempre avuto l'allegria di un esistenzialista francese. Mio padre ha passato tutta la prima parte della sua vita a dire che voleva ritirarsi a fare l'eremita come un monaco. Salvo poi, trovarsi l'amante, mollare mia madre e darsi ai balli latino-americani. Mia madre ha sempre amato crogiolarsi nel ruolo della povera disgraziata, anche se tutto sommato non se la passa affatto male da quando è rimasta single. Però le piace farsi compatire un po'.
Mio fratello gioca il ruolo del rocker maledetto, del ragazzo depresso che però sfoga i suoi malesseri nell'"arte"... e non solo, aggiungerei io.
E io?
Io... ho sempre oscillato come un pendolo, ma adesso m'è venuta voglia di prenderci un po' meno sul serio.

martedì 23 novembre 2010

Il silenzio

Spesso per massaggiare è piacevole farsi accompagnare da una musica. Ognuno ha le sue preferite, a me piace in modo particolare un brano di Arvo Pärt, Für Alina, che spesso uso per il primo massaggio, quando ancora non riesco a indovinare i gusti di chi mi sta di fronte. Però mi piace tanto anche massaggiare in silenzio. Godermi quel silenzio, e aiutare l'altra persona a goderselo, a non averne paura. Mi accorgo sempre, con stupore, che le persone non sanno più apprezzare il silenzio. Io ne ho bisogno, lo inseguo come un dono, quell'attimo di silenzio in cui nessuno mi sta parlando, in cui non devo pensare a niente, semplicemente... fare il vuoto. Lasciare che entri un sorso di vuoto dentro di me. E invece... c'è chi ha sempre la tv o la radio accesa, semplicemente perché non sopporta il silenzio intorno a sé. Chi non sta un secondo zitto pur di non farsi prendere dal panico. Eppure il silenzio è così bello. Riposa le orecchie, riposa la testa. Regala un momento per un respiro profondo. Lascia lo spazio libero per far affiorare i pensieri che di solito reprimiamo. Forse per questo fa paura: perché non è facile ascoltarsi. Chissà cosa può uscire, dal silenzio. Ma non c'è niente da temere: è solo ascoltandoci, rivelandoci a noi stessi, che impareremo ad accoglierci e accettarci.

lunedì 15 novembre 2010

Massaggio e tempo

Ieri sera ho fatto un massaggio ad una cara amica. Era triste e agitata, sta passando un periodo intenso, e ci tenevo a farla sentire meglio. A lei che ha sempre fretta, che non sa aspettare, volevo restituire il senso del tempo. Una delle cose belle del massaggio è che ti riporta nel presente. Che tu sia il massaggiatore o il massaggiato, il tocco delle mani è qualcosa di sorprendentemente efficace contro i pensieri "eccessivi", le preoccupazioni, l'ansia. Quando appoggio le mie mani sulla schiena del massaggiato, per il tempo di qualche respiro, cercando di prendere il ritmo dell'altra persona, entro in uno stato di concentrazione simile, in qualche modo, alla meditazione. Non penso a nulla, sono tutta lì, nel presente. Tocco, ascolto. E cerco di trasmettere alla persona questa sensazione di apertura, di presenza. Per tutta la durata del massaggio dimentico la fretta, le preoccupazioni, le cose da fare l'indomani. Non rincorro il tempo, ci vivo dentro. Ed è così che il massaggiato comincia a respirare più lentamente, il battito del cuore rallenta, gli occhi si socchiudono, i muscoli si rilassano...
Non siamo schiavi del tempo. La libertà inizia rallentando.

mercoledì 10 novembre 2010

Parole e lontananza, il mistero

Ci dev'essere qualcosa che fa sì che, quando due persone sono lontane, le parole che tra loro corrono a creare dei ponti, assumano significati diversi. Quando siamo vicini e tu mi parli, e io ti parlo, tu senti il tono, vedi lo sguardo, vedi se mi sporgo verso di te sorridendo o se mi richiudo in un angolo con le braccia incrociate. Quando siamo vicini mi sembra che quello che ci diciamo abbia significati precisi, che non venga frainteso, crei vicinanza.
Quando siamo lontani e io ti parlo, non vedo i tuoi occhi, e tu non vedi i miei. Quando siamo lontani, le parole che dal mio cervello corrono alle dita sono parole morbide nella mia testa, ma quando arrivano a te sono diventate aghi che pungono e fanno male. Ci deve essere qualcosa che ci frega, che ci inganna, uno spirito maligno che riscrive le mie parole prima che giungano a te.

martedì 2 novembre 2010

Pavese, il mondo e altro

Forse non bisognerebbe leggere Pavese di mattina. (Il mestiere di vivere, soprattutto).
Dopo, sembra che più niente abbia senso. Sembra che il mondo sia troppo duro per poterci stare dentro.
Ho pensato spesso che il mondo che vorrei è un luogo in cui a ognuno si dà la possibilità di esprimere il meglio, il buono, di realizzarsi nel lavoro nel senso etimologico della parola: tradurre se stessi in cose, in azioni.
Il mondo che trovo invece oggi è un mondo in cui ciò appare difficile. Raramente si sceglie davvero, più spesso si viene scavalcati, sfruttati, privati in qualche modo di ciò che ci serve per dirci davvero soddisfatti.
Ma oggi penso che forse è anche attraverso la difficoltà di perseguire la propria strada, nel proprio modo, onestamente, che ci si dà misura del proprio valore.

O forse è meglio che mi prendo un caffé.