venerdì 7 febbraio 2014

Lasciar andare

Quando, a inizio anno, ho lavorato sui miei progetti per il 2014, ho anche fatto un piano dell'anno con i tarocchi di questo bellissimo sito. Ho estratto una carta per ogni mese, è stato molto divertente e ispirante, ma poi l'ho lasciato lì per un po' senza pensarci.
Così è stato stupefacente quando ieri l'ho ripreso e ho scoperto che una delle suggestioni di gennaio era proprio "letting go". Sì, perché non solo io stessa ci ho pensato, ma altri me ne hanno parlato... insomma, mi tornava incontro da tutte le parti l'idea che fosse giunto il momento di imparare a lasciar andare.

Allo scorso modulo della mia scuola di counseling si è parlato proprio del lasciar andare intendendolo come una modalità di porsi rispetto a ciò che succede, anche le avversità o ciò che non ci piace, con la fiducia che comunque qualcosa potremo farne. Per alcuni, con la fede che un senso ci sia e che ci sia qualcuno, o qualcosa, che in qualche modo ci aiuterà.

Io la fede non l'ho mai avuta e non direi di avercela, adesso. Però sono arrivata a un certo punto che ero troppo stanca di controllare tutto, di trattenere tutto, di indirizzare tutto. Di sentirmi la responsabilità della mia vita tutta sulle mie spalle. Basta, posso provare a cedere un pochino. A mollare la presa. E' una strana sensazione, come di liberazione, stupore, ma allo stesso tempo normalità. Nulla cambia. Eppure... è un senso di leggerezza nuovo che mi attraversa. Come se avessi passato gli ultimi anni a cercare disperatamente di invertire la rotta di una nave senza timone...anziché rilassarmi a guardare il mare.

Forse posso fidarmi un po' di me, abbastanza da pensare che saprò cogliere le occasioni quando arriveranno, che saprò aggiustare la rotta di volta in volta. Che non devo risolvere tutto oggi.

Ps. Febbraio secondo le carte dovrebbe essere un mese fantastico... Vi dirò :-)

mercoledì 22 gennaio 2014

Accettare l'imperfezione

In questo periodo mi sto interrogando su questo tema: cosa può aiutarci ad accettare l'imperfezione?
Nostra e altrui ovviamente.
Anche perché, di solito, quando siamo particolarmente severi con noi stessi, lo siamo anche con gli altri.

Probabilmente è un comportamento che abbiamo appreso, perché qualcuno ci ha insegnato a fare così. Magari abbiamo introiettato la convinzione che l'unico modo per combinare qualcosa nella vita sia continuare a stressarci, pretendendo continue prestazioni in ogni campo, obbligandoci a fare - non solo, a fare bene - tutti i nostri compiti, spesso senza nemmeno chiederci se è qualcosa che vogliamo fare o no.

Magari se iniziassimo a chiedercelo si spalancherebbe il terreno sotto i nostri piedi: dubbi, insicurezze e mancanza di senso. E allora non ce lo chiediamo, andiamo avanti spedite come un treno per non lasciare spazio alle emozioni che compattiamo come polvere sotto il tappeto.

Mentre andiamo avanti, spedite come un treno, può succedere che ci sia un intoppo. Qualcosa che va diversamente da quello che speravamo. Un colloquio che va male, un esame che non riusciamo a dare, una festa che avevamo organizzato nei minimi dettagli e poi ci delude. E lì ci diciamo: "ma come? dopo tutto l'impegno che ci ho messo, dopo questo sbattone allucinante, le cose non vanno perfette come dovevano andare?". E allora: rabbia, frustrazione, stress, senso di fallimento.

Forse è ora di andare a sollevare quel tappeto. Forse è ora di sentire di cosa abbiamo paura, in realtà. 

Scoprire quali sensazioni stiamo coprendo con la nostra iperattività. E poi trovare il coraggio di starci un po' insieme, a queste sensazioni, di esplorarle. Sentire cosa ci dicono. Prenderci tutto il tempo. Lentamente. Questa non è una cosa che si può fare di corsa. Non è l'ennesimo compito da espletare, non è l'ennesima prestazione. Si tratta di creare abbastanza spazio e silenzio per sentire cosa vuole dirti il tuo cuore.
Ne vale la pena, no?

venerdì 17 gennaio 2014

Cosa fare quando stai male

Il mio malessere degli scorsi giorni mi ha dato l'idea per un nuovo post.
Non tutto il male viene per nuocere :-)
Mi sentivo stanca, scoraggiata, triste all'idea di non poter ancora mollare tutto e dedicarmi ai miei sogni, impaurita all'idea di un anno tosto che mi aspetta (lavorativamente parlando), insicura sulle mie scelte e su come andare avanti.
Insomma, niente di nuovo, visto che sono sensazioni che tornano periodicamente.
La cosa nuova è stata il modo in cui ho affrontato questo malessere.

Una volta, quando stavo male, facevo così:

  • mi chiudevo in me stessa
  • non parlavo con nessuno
  • mi vergognavo del mio malessere
  • tiravo avanti tipo mulo in salita
  • ignoravo le mie sensazioni
  • pensavo di non poterci fare niente.
Stavolta invece:
  • ho scritto sul mio diario i miei pensieri e ho riletto quelli degli ultimi mesi, dandomi l'occasione di riconoscere la strada fatta
  • seppur con una certa vergogna, ho scritto sulla mia pagina FB che avevo bisogno di un po' di supporto e ho ricevuto un sacco di messaggi affettuosi che mi hanno dato una bella spinta positiva
  • ho ascoltato le mie sensazioni e ho cercato di non forzarmi troppo a fare cose che non avevo voglia di fare
  • mi sono riposata e ho accettato di starmene davanti alla TV a guardare Scrubs anziché stirare o fare altri lavori di casa.
Niente di speciale vero?
Eppure tutto questo mi ha aiutata a star meglio, a uscire dal pozzo, a vedere le cose in un'altra prospettiva e a recuperare un po' di energia.

Non è detto che siano le stesse cose che potrebbero aiutare voi. Però, la prossima volta che vi sentite tristi, scoraggiate e stanche potreste chiedervi: cosa posso fare ora che potrebbe aiutarmi a sentirmi meglio?
E poi fatelo!

Anche se vi sembra stupido o ingenuo o pensate che non cambierà niente... fatelo! Fatelo per voi stesse.

Volersi bene passa anche da qui: accorgersi di un nostro bisogno e fare quello che possiamo per soddisfarlo. 

Vogliatevi bene, bellezze!

venerdì 10 gennaio 2014

Perché non credo nel Pensiero Positivo

Nel corso dei vari esperimenti che ho fatto nella mia vita per capire cosa mi interessava davvero (teatro, naturopatia, yoga, massaggi, meditazione...) ho incontrato tante persone diverse. Penso che sia stato utilissimo, per me, confrontarmi con persone di età diverse, provenienze diverse, gusti diversi. E' stato utile anche per capire cosa non mi piaceva.
Quando ho incontrato i primi sostenitori del Pensiero Positivo, mi è sembrata una cosa interessante e ho provato a calarmici. Mi accorgevo però che qualcosa non quadrava... qualcosa mi stonava.
Bello, pensare che il mondo ti sorride se tu sorridi a lui!
Molto spesso è anche vero. Ma non sempre.

A volte, mentre tu sorridi, il mondo ti tira un calcio sui denti.

Non sto dicendo che non sia importante avere un atteggiamento propositivo, ottimista, fiducioso, per sentirsi prima di tutto meglio con se stessi e anche per cavarsela meglio nelle cose della vita. Il vittimismo, per esempio, mi sembra uno dei peggiori atteggiamenti possibili: crea un circolo vizioso dal quale non si esce finché non ci si rende conto del perché ci è tanto comodo fare la vittima.
Detto ciò. Abbiamo tutti bisogno di credere che realizzeremo i nostri sogni, io per prima. Abbiamo tutti bisogno di credere che l'universo sarà benevolo con noi e con chi amiamo. Per buona parte sta a noi impegnarci, crescere, condividere, costruire.
Ma non siamo onnipotenti. Ecco, mi sembra che il Pensiero Positivo soffra di delirio di onnipotenza. Come se, se io sono positiva e ci credo abbastanza, tutto ciò che desidero si avvererà. Con il delirante contraltare del fatto che, se quindi non si avvera, è perché non ci ho creduto abbastanza. Non per qualsiasi altra ragione all'esterno di me stessa... o anche all'interno di me stessa, (per mia incapacità, impreparazione, errori...).

Ecco, quello che io penso è che il Pensiero Positivo sia un modo per evitare di affrontare le proprie paure, insicurezze, dubbi e dolori. Sembra più facile metterli da parte e guardare solo il lato luminoso della vita. Può anche darsi che per qualcuno sia funzionale. Per me no. Per me è stato molto più utile calarmi nel pozzo nero delle mie inquietudini, confessare le mie debolezze, le mie indecisioni. Ammettere la paura. Guardarla in faccia. Ammettere il dolore. Lasciare che mi attraversasse. Poco a poco, percorrendo questa specie di mondo sotterraneo, prendendoci confidenza, ho iniziato a vedere la luce filtrare. E a trovarne le possibili uscite, per tornare in superficie trasformata e pronta a rifiorire.

Se c'è una cosa che sento di aver imparato nella vita è questa, e ve la dico:
è solo accettando il "negativo" nella propria vita che si impara a trasformarlo.

E' solo ammettendo il proprio sentirsi "piccoli" che si scopre la propria grandezza, è quando si accetta di ammettere a se stessi che siamo smarriti che si può ritrovare la strada.

Il mio talento credo sia questo: so scendere nel pozzo con te, non ho paura. So rimanere lucida e centrata mentre i fantasmi ci circondano. E ho una bella corda di sicurezza che ci riporterà in superficie, rinnovate e fresche, rinate: come gemme che aspettano la primavera per schiudersi.

giovedì 2 gennaio 2014

Come far sì che l'amore funzioni?

Domandina facile facile... vero?

Alla fine, nonostante tutte le cose che riempiono le nostre vite, quella che più ci fa penare è ancora l'amore. E' una pena totalmente democratica: colpisce chiunque in mille modi diversi, che tu sia in carriera o disoccupata, giovane o meno giovane, ricca o povera. A volte sembra poi che il destino ce l'abbia proprio con noi, riproponendoci cento volte di fila uomini che sembravano andare bene per noi e poi si rivelano l'ennesima sòla.

Anche io, come tutti, ho vissuto le mie delusioni, più o meno dolorose. Ho pensato che fosse solo questione di trovare l'Uomo Perfetto, quello che non mi avrebbe mai fatto soffrire, che avrebbe fatto esattamente quello che volevo io senza bisogno di chiederlo, che mi avrebbe dato tutto ciò di cui avevo bisogno. Aspettavo qualcuno che colmasse il mio vuoto, un bel vuoto misto di solitudine, tristezza e insoddisfazione.
Aspettavo che arrivasse l'Uomo Perfetto.
Ogni volta che mi innamoravo era un patimento. Iniziavo a nascondermi, a recitare, a fare finta di essere la ragazza forte e libera che pretendevo di essere. Mi concentravo nell'unico compito di piacere a chi piaceva a me, a volte arrivando al punto di rinnegare me stessa.
E quando non funzionava crollavo. "Ma come?" pensavo. "Ho fatto di tutto per piacerti e non ti piaccio lo stesso?".

Già. C'è una verità che ho iniziato a capire solo dopo molto tempo e ancora adesso a volte mi sfugge e la devo riacchiappare.
L'amore non può funzionare se tu non ti vuoi bene.
Ripeti con me: l'amore non può funzionare se io non mi voglio bene. Ripenso a quella ragazzina di tanti anni fa, che per un amore che non andava aveva buttato via tutta la sua - già poca - autostima. La vedo confusa e spaventata provarle tutte per andar bene a lui, la vedo piangere di notte mentre lui dorme e non se ne accorge. La vedo chiudersi in se stessa, senza il coraggio di parlare con le amiche. La vedo fare la spavalda per non confessare che sta male.

Ero io. Io, finché un giorno non ho capito che mi meritavo di più. Mi meritavo qualcuno che amasse anche le mie debolezze, che sapesse abbracciarmi nei momenti di tristezza, che sapesse prendersi cura di me, aiutandomi a fiorire. Quel qualcuno ero io. 
Quando ho iniziato a prendermi cura di me, anche della me triste, scostante e imperfetta, ho iniziato ad abbandonare la più pericolosa delle abitudini: pretendere che lo facessero gli altri. Non avevo più bisogno di essere "salvata" dal Principe Azzurro, perché avevo iniziato a salvarmi io stessa. Ho smesso di aspettare l'Uomo Perfetto e ho iniziato a lasciarmi conoscere dagli Uomini Normali :-)

Volersi bene non è una cosa che si impara in 5 minuti. Ci vuole una pazienza infinita. Bisogna avere il coraggio di guardarsi per ciò che si è, errori e fallimenti compresi. Bisogna guardarsi senza filtri, tutti interi, vedere le nostre ammaccature e gli angoli lucenti, e scoprire che tutto sommato un po' di bene ce lo possiamo dare. Possiamo consolarci quando siamo tristi e gioire con noi stessi quando siamo felici. Possiamo vederci fare lo stesso errore per la centesima volta e, anziché odiarci, sentire compassione per noi stessi, per i nostri limiti. Possiamo festeggiare i nostri successi come meritiamo, anziché darli per scontati. Possiamo stare dalla nostra parte. 

Iniziando a fare così, l'amore avrà lo spazio necessario per nascere e crescere, perché non ci aspetteremo più che ci risolva la vita. Saremo più tolleranti con noi stesse e con gli altri. Smetteremo di correre dietro a chi non ci ama, perché avremo abbastanza amor proprio per accorgercene. E alla fine, probabilmente, incontreremo una persona a cui piaceremo proprio così come siamo.