lunedì 28 ottobre 2013

La donna Selvaggia è stanca

Dopo un periodo di creatività, ottimismo e sensazioni positive, in cui le idee sembravano affiorare magicamente e quasi senza sforzo, mi sono ritrovata catapultata in una fase di secca. Le idee si disperdono, non riesco a mettere a fuoco i dettagli, mi ritrovo confusa e stanca, assetata e sterile.
Ieri sera riprendo in mano il libro di "Donne che corrono coi lupi" che avevo abbandonato a metà qualche mese fa. A volte sembra proprio che il caso non esista. Il capitolo da cui dovevo ripartire infatti, parlava proprio di questo: di come a volte, anche quando si è convinte del proprio percorso, anche quando si è già in qualche modo partite nella propria vita creativa, capita che si perda il focus. Ci si disperde in troppe attività e non si riesce a completarne nemmeno una, ci si auto-critica fino allo sfinimento, ci si deprime nell'incapacità di agire.
E spesso, come reazione a tutto questo, mi costringo ad agire lo stesso, anziché fermarmi un attimo. Ora però so quello che devo fare.

La donna la cui idea o le cui energie sono svanite deve conoscere la strada per andare dalla vecchia curandera. Deve riposare, dondolarsi, ritrovare il suo fuoco. Deve ringiovanire, recuperare l'energia.
Il portare a termine lunghe fatiche, come terminare la scuola, o un'opera, o curare un malato, fa sì che a un certo momento l'energia un tempo giovane invecchi. E' meglio per le donne capirlo all'inizio di uno sforzo, perché la fatica le sorprende. La presunzione della forza eterna al maschile è un errore.
Nella storia tre capelli vengono gettati a terra. I capelli sono il simbolo del pensiero, gettarne via qualcuno rende il bambino più leggero, lo fa brillare di una luce più vivida. Strappate tre capelli dalla vostra idea e gettateli a terra. Tagliare i rami secchi aiuta l'albero a crescere più forte.
Se avete perduto il fuoco, la concentrazione, sedete e state quiete. Prendete l'idea e cullatela. Tenetela in parte, e in parte buttatela, si rinnoverà.


(tratto da: http://www.inventati.org/donnola/materiali/donnolabook/3capellidoro.html)

mercoledì 2 ottobre 2013

Gratitudine

La gratitudine è un'emozione che non provo molto spesso, perché sono troppo occupata a concentrarmi su pensieri pessimisti...
Ma oggi, l'ho proprio sentita chiara e forte.
Pensavo alle belle persone che ho incontrato o conosciuto meglio in questo 2013, alle cose a cui poco a poco ho il coraggio di avvicinarmi.
Ho la sensazione che la mia vita si stia arricchendo.
Ovviamente non di soldi, ma di calore, di idee, di autenticità.
Se penso a tutta la strada che ho fatto, per arrivare ad essere la donna che oggi ringrazia di queste cose belle, mi faccio tenerezza e son contenta di me.
Questo mio lato profondo e luminoso sta prendendo il suo spazio, accanto a quello lunatico e mentale che ha sempre teso a prevalere.
E niente, per me è una cosa bella.

martedì 1 ottobre 2013

Scoprirsi fa paura

In questo periodo sto riflettendo su quello che credo sia uno degli scogli maggiori che dovrò affrontare nel mio percorso verso il lavoro di counselor: la paura.
Paura non delle emozioni del cliente, degli sbagli, dell'insuccesso. Sono tutte paure che ho anche queste, ma sono relative, non enormi: le so contenere.
Invece, mi accorgo che sono spaventata dalla paura di espormi. Se scelgo di fare un mestiere che coinvolge me stessa in modo autentico, che mi impone di essere me stessa e di uscire nel mondo senza maschere... aiuto!
Finché resto dietro il mio pc a lamentarmi di fare un lavoro che non mi piace, a parlare poco e soprattutto dire poco di me... magari mi annoio, mi deprimo, ma sono qui al sicuro nel mio cantuccio.

Invece, cavolo. Uscire nel mondo, dire: io sono questa. Farmi pubblicità con le mie parole, non quelle di qualcun altro. Fare sbagli tutti miei, senza poter dire che è colpa di qualcun altro. Magari pubblicare pensieri come questi su un blog pubblico, con nome e cognome. Farmi pubblicità. Mettere le mie foto. Espormi a critiche, giudizi, ma anche eventualmente a complimenti e buoni feedback.

Mi accorgo con stupore - eppure l'ho sempre saputo, l'ho sempre pensato, ma ora lo SENTO, che è diverso - che sono io il primo giudice censore di me stessa.
Quando mi viene in mente qualcosa e non lo dico. Quando ho un'idea e la giudico insufficiente prima di darmi il tempo di lavorarci su. Quando vorrei chiedere aiuto e mi vergogno. Quando penso che comunque gli altri sono migliori di me. Quando penso che gli altri ce la possono fare, io no. Quando penso che l'unico modo per non soffrire è nascondermi.

E allora, mi esercito ad espormi gradualmente. Mandare un messaggio a persone che seguo on-line per esprimere apprezzamento al loro lavoro. Iscrivermi a seminari con persone sconosciute. Confessare ai miei colleghi che sì, mi sono iscritta a un corso di danza del ventre.

Ho la sensazione che quando mi deciderò a liberare tutta questa energia, ci sarà un'esplosione.

Definire il counseling

Gabriella Costa, del blog RI-TROVARSI, lo descrive così:
"Il counseling è una disciplina di aiuto professionale nel disagio esistenziale. Disagio esistenziale è tutto ciò che ha a che fare con la psiche ma non presenta risvolti patologici, per i quali - invece - è necessario l'intervento dello psicoterapeuta o dello psichiatra."

Paola Bonavolontà, di Counseling is Good for You ne parla in questi termini:
"Il counseling si basa sull’ originaria intuizione rogersiana secondo la quale, se una persona si trova in difficoltà, il miglior modo di venirle in aiuto non è quello di dire cosa fare quanto piuttosto quella di aiutarla a comprendere la sua situazione e a gestire il problema assumendo da sola e pienamente le responsabilità delle scelte eventuali.
Il processo di counseling enfatizza l’importanza dell’autodeterminazione, dell’autocontrollo: il risultato finale è misurabile attraverso “il grado in cui si riesce a rendere una persona capace di azioni razionali e positive, a renderla più soddisfatta, più in pace con se stessa, più capace di condurre una vita serena e socialmente integrata”.

Francesco, di Counseling e Dintorni, scrive:
"Il counselor è... uno che ti aiuta "a ritrovare il filo".
Quando stai vivendo un momento ingarbugliato e hai bisogno di rimettere le cose a posto, un counselor, attraverso l'ascolto attivo e specifiche tecniche di colloquio, ti sostiene nel ritrovare le tue energie interiori per ripartire."

Io, mi chiedo, come lo descriverei? Come trovare le parole giuste per dire cos'è il counseling per me?

Il counseling è... una professione che si basa su competenze comunicative, relazionali ed emotive per aiutare il cliente a stare meglio con se stesso e con gli altri.
Il counseling è... un modo di stare con la persona per consentirle di esplorare quello che sente e quello che pensa in un modo nuovo.

E per voi, cos'è il counseling?