lunedì 22 aprile 2013

Il Convegno di Assocounseling 2013.


C’è un bocciòlo in tutte le cose, 
anche in quelle che non fioriscono, 
perché ogni cosa fiorisce, da dentro, per autobenedizione. 
Sebbene a volte sia necessario 
insegnare ancora alle cose la loro bellezza, 
mettere la mano sulla fronte accigliata del fiore, 
e ridirgli di nuovo con parole e col contatto 
che è bello, 
finché non fiorirà nuovamente, da dentro, per autobenedizione. 

L'emozione, gli occhi lucidi alla fine della presentazione di Giorgio Lavelli.
Riconoscere così il senso di ciò che sto facendo.
Poi, molti stimoli, presentazioni interessanti, spunti di lavoro, spunti di studio.
Alcune conferme confortanti, altre sfide che fanno un po' paura.

Questo è stato per me il Convegno Assocounseling di quest'anno.

Lavorare con un gruppo. La prima volta.

Una settimana fa ho organizzato una serata di incontro con alcuni compagni di corso.
Volevo parlare di un argomento che mi sta a cuore, la femminilità.
Inizialmente avevo preparato delle slides, una sorta di lezione. Poi mi sono resa conto che quello che volevo non era parlare ma ascoltare. Così ho deciso di non dire quasi nulla, tranne le domande che avevo in mente. E vedere cosa succedeva...
Ho scoperto la frustrazione di vedere che il gruppo va dove vuole e non dove volevo io. Ho scoperto la fatica di parlare di se stessi in modo autentico. Ho sentito il mio senso di inadeguatezza, la paura di non essere abbastanza autorevole, abbastanza direttiva.
Ho scoperto la gioia di raccogliere le perle che qualcuno ha avuto voglia di donarci. Mi sono stupita della curiosità, della partecipazione. Ho scoperto di aver scelto un tema che interessa a molti, anche se in modi diversi. Ho scoperto che posso condurre in modo dolce, a modo mio. Ho sentito il gruppo come una risorsa: nei giorni successivi mi sono arrivati ulteriori spunti e feedback.

E' stata la prima volta che facevo un lavoro del genere. All'inizio mi sono concentrata sulle mie presunte mancanze, ma ora ho voglia di dirmi da sola: brava!

martedì 9 aprile 2013

L'incontro con l'Altro

Mi stupisco sempre di quanto sia per me emozionante incontrare l'Altro.
Nella vita quotidiana spesso non ci si fa caso, ci si presenta come se nulla fosse, più attenti a dire il proprio nome che ad ascoltare quello dell'altro: il tempo di una stretta di mano e via, senza quasi guardarsi in faccia.
Grazie a diverse esperienze nell'ambito della scuola e non solo, mi accorgo invece di quanto possa essere intenso incontrare un'altra persona.
Magari, come ieri sera, non essersi mai viste: eppure scegliersi in mezzo ad altri 10 semplicemente guardandosi negli occhi. E in quello sguardo riconoscersi un po', ma anche vedere un mistero insondabile. Sentirsi addosso, semplicemente guardandosi, curiosità, interesse e anche un po' di affetto. Ma anche paura. Che paura che fa, lasciarsi guardare da vicino, in silenzio! E intanto guardare nella profondità dello sguardo altrui.
Ci sono due mondi, dietro quegli occhi, e nello sguardo un ponte.

mercoledì 3 aprile 2013

Sulla Femminilità

Negli ultimi mesi ho fatto un po' di ricerca sul tema della femminilità. No, in realtà è tutta la vita che ci penso e mi interrogo, ma ultimamente anziché considerarlo un tema buono per quando non riesco a dormire mi sono decisa a prendermi sul serio. A prendere sul serio le sensazioni che covavo dentro, quando si tratta di "femminilità" e media, di femminilità e stereotipi, di "essere una vera donna" e tutto il resto.
Inadeguatezza. Paura. Odio per me stessa, a volte. Insicurezza. Giudizio. Critica.
Dall'adolescenza in poi, per anni sono state queste le emozioni che provavo riguardo al mio essere donna.
Cosa vuol dire essere una donna? mi chiedevo. Sembrava che per esserlo bisognasse amare vestiti e trucchi, volersi fidanzare, andare in giro a gruppi spettegolando. Questo al liceo. Mi sentivo incredibilmente poco donna e molto essere umano, invece, e non sapevo come integrare il fatto che ero indiscutibilmente una femmina con tutto il resto. Quanto il fatto che sono una femmina influisce sulla mia identità? Quanto le donne che incontro nella realtà e nei media contribuiscono a farmi sentire inadeguata al "canone" di femminilità? E i maschi: sembra che loro l'idea su cosa sono le donne ce l'abbiano molto chiara, e io avevo voglia di ribellarmici, di mostrare loro che eravamo invece uguali.
Per questo, per un po' di tempo, tagliavo i capelli corti-corti, mettevo solo jeans e felpe. Mi rifiutavo di fare la velina, io che a 15 anni avrei anche potuto assomigliare a una di loro. Le emozioni di allora erano un groviglio confuso. Non sapevo chi ero, forse sapevo un po' di più chi non ero.
Insomma, ero sempre troppo o troppo poco: troppo grassa, troppo occhialuta, troppo timida, troppo secchiona, troppo poco seno, troppo seria. Ero un po' confusa in generale, ma sulla femminilità soprattutto. Davvero basta comprarsi i prodotti giusti e truccarsi, per essere una donna?
E come fare per smettere di odiare il proprio corpo, così irrimediabilmente unico e diverso da tutti gli altri?
C'è voluto del tempo. Ho letto libri, guardato film. Ho scoperto il lavoro di Lorella Zanardo sul Corpo delle donne. Ho seguito blog di donne intelligenti e coraggiose e vere! Ho scoperto quanto bisogno avevo di modelli diversi. Ho smesso di parlare di diete. Con l'aiuto della Gestalt sono tornata dentro il corpo, anziché guardarmi da fuori. Ho scoperto la bellezza di stare nel corpo, sentire il respiro, sentire i piedi appoggiati sul pavimento. Ho imparato a voler bene ai polpaccioni, alla pancetta, al seno troppo piccolo. Ho iniziato a guardarmi allo specchio senza fermarmi sui dettagli. Mi sono vista tutta intera, con lo sguardo penetrante di chi si sta guardando anche dentro.
Ho iniziato a fare quello che mi piace, usando il corpo come un alleato: lo ascolto e lui mi dice dove andare, cosa mi fa bene e cosa no. Ho iniziato a cercare la mia bellezza in un modo diverso: non la bellezza fissa delle pubblicità, fatta di manichini inanimati, ma la bellezza in movimento, quella dei gesti, dei capelli che si muovono al vento, degli occhi che ridono.
Ho smesso di pretendere di essere uguale a un uomo: forse non è così, c'è della differenza, e questa differenza può essere bella e valorizzata.
Ora mi sento soprattutto essere umano, molto donna, e anche un po' uomo (è la mia parte maschile che inizia ad avere consapevolezza di sé...). E sto lavorando per poterne parlare insieme e capire come far sì che ognuna possa trovare un po' più facilmente la strada verso se stessa.

Scarpette Rosse - Donne che corrono coi lupi

In questo periodo sto leggendo il bellissimo libro Donne che corrono coi lupi. E' un best-seller letto da milioni di donne, eppure mi pare a volte che parli proprio a me.
Mi colpisce la forza, la potenza delle storie che racconta, degli archetipi femminili che porta. Ecco! mi viene da dire, Ecco la femminilità potente, selvaggia! Altro che le principessine delle fiabe edulcorate che vengono disegnate nei cartoni animati.
Mi stupisce quanto siano stati indeboliti gli archetipi femminili fino a trasformarli in figurine senza spessore.
Quando ho letto Barbablù ho riflettuto sulla mia difficoltà a difendermi, a fidarmi del mio istinto. Quando ho letto il Brutto Anatroccolo ho ripensato a tutto il percorso di auto-accettazione che ho dovuto fare... La Donna Scheletro è una bellissima storia d'amore senza fronzoli. E Scarpette Rosse... l'ho letta da poco, ora ne sto approfondendo l'interpretazione.
E ci ripensavo oggi, colta da un attacco di insofferenza. Ripensavo al dolore che provoca il doversi ripiegare, il doversi ammutolire, doversi nascondere. In realtà è sempre una scelta. Forse la scelta più comoda. O forse a volte l'unica percorribile, quando si sente che l'ambiente intorno è ostile e l'unico modo per sopravvivere è farsi invisibile. Fino a diventarlo davvero.