giovedì 27 giugno 2013

Timidezza, Introversione: che fare?

Confesso, sono una timida. Da sempre. Da quando riesco a ricordare. Da bambina guardavo mio fratello che faceva facilmente nuove amicizie, che giocava con gli altri senza vergogna, che a volte faceva troppo rumore. Io ero silenziosa, composta già da piccolissima, pensierosa. La cosa si è intensificata anziché diminuire con l'ingresso alla scuola elementare, l'impatto con il mondo esterno non fu facile per me. E così poi ho dovuto fare un lento, lungo lavoro di adattamento per recuperare l'autostima necessaria a sentirmi in diritto di esprimermi con gli altri, anche nella mia differenza, anche se gli altri possono non approvare, e soprattutto sentire il piacere e la gioia di confrontarmi e condividere.
Insomma: a volte gli altri mi fanno un po' paura, soprattutto quando sono tanti e sconosciuti. E questa è la timidezza. Per combatterla ho fatto teatro (e mi è venuto anche bene), ho fatto finta di essere spavalda (questo funzionava di meno), mi sono imposta di nasconderla e l'ho odiata tanto.

E poi c'è l'introversione. L'introversione è quel tratto del carattere che fa sì che, anche se stare con gli altri mi piace, mi piace conoscere persone nuove e fare amicizia, dopo un po' ho bisogno di starmene un po' da sola a "recuperare". Preferisco leggere, dedicarmi ad attività tranquille e incontrare pochi amici per volta che andare a feste piene di gente e confusione, e faccio fatica a improvvisare chiacchiere con chi non conosco e magari non mi interessa nemmeno.
Si potrebbe dire che l'introversione è quel lato del carattere, probabilmente innato, che fa sì che si sia più portati a rivolgersi dentro di sé piuttosto che fuori. La timidezza invece mi sembra più una caratteristica acquisita, una qualche paura di esporsi, di non valere abbastanza, di essere rifiutati. Capita che chi è introverso diventi anche timido anche perché l'introversione viene spesso giudicata negativamente e non capita, in un mondo che esalta le caratteristiche tipiche degli estroversi.

Quanto è concesso a un bambino introverso oggi di sentirsi ok?
Molto poco a mio parere.
E anche un adulto timido avrà vita difficile. In un mondo del lavoro dominato da spavalderia e loquacità, quando non si tratta di arroganza e volgarità, una persona timida e introversa farà fatica a vedersi riconosciute le proprie qualità. Anche internet è piena zeppa di articoli di coach e opinionisti vari, secondo cui la timidezza è un difetto limitante di cui liberarsi in fretta, per poter finalmente far carriera, conquistare qualsiasi donna, diventare un leader tra gli amici. Ogni volta che leggo uno di questi articoli, però, mi viene il nervoso. Per vari motivi, che ora cercherò di spiegare. Spesso infatti, si presume che la timidezza sia una debolezza si debba combattere con la forza di volontà. Si dà per scontato che la timidezza sia come una sorta di "pigrizia" sociale per cui imponendosi sempre più spesso di fare cose che lo mettono a disagio, il timido imparerà ad esserlo di meno. Può darsi. Ma non sono affatto sicura che spingere il timido a odiare questo suo lato sia utile per lui. Penso che esistano modi migliori di promuovere l'integrazione del timido nel tessuto sociale, tenendo sempre conto di quello che lui desidera e quelli che sono i suoi limiti. Ma soprattutto, siamo sicuri che sia tanto brutto essere timidi e introversi?

Nella scuola che frequento, si utilizza un questionario (non diagnostico, per carità) che permette di attribuire alle persone l'appartenenza più o meno netta a 7 idealtipi umani. Ovviamente si tratta di macrocategorie tagliate con l'accetta a cui nessuno appartiene al 100%, si deve tenere presente la ricchezza di sfumature di ognuno e ricordarsi che è solo uno strumento iniziale da discutere e verificare insieme al counselor per valutare quanto ci si senta rappresentati. Però permette di farsi un'idea iniziale di quali possono essere i propri punti di forza e le proprie difficoltà.
L'idealtipo che rappresenta le caratteristiche di timidezza e introversione, oltre a molte altre tra cui la sensibilità, prende il nome di "Invisibile". Una parola un po' estrema forse, ma che rende l'idea, visto che quando ci si sente timidi a volte si cerca di scomparire... Ogni idealtipo però, comprende sia caratteristiche considerate tipicamente "positive" (forse meglio dire funzionali) che "negative" (forse meglio dire non funzionali). Chi ha avuto un amico introverso sa quanto possa essere fine la sua sensibilità, calda la sua empatia, ricca la sua immaginazione.

E così quando mi è capitato fra le mani questo libro, l'ho letto tutto d'un fiato e l'ho trovato geniale.
Susan Cain sostiene infatti che il mondo abbia bisogno anche degli introversi (più o meno timidi) e che se fossimo tutti estroversi mancherebbe qualcosa di fondamentale all'umanità. Non posso che dichiararmi d'accordo. Susan Cain sostiene addirittura che i leader introversi spesso conducono meglio le aziende, perché fanno scelte più meditate e meno rischiose, e pensano di più al bene dell'azienda che a quello della propria immagine. Inoltre, non credo di essere l'unica persona al mondo che fatica a sopportare i logorroici, gli arroganti, quelli che devono sempre fare i simpatici per forza, tutte caratteristiche tipiche degli estroversi.

Per questo penso che sia giunto il momento di insegnare a timidi e introversi ad apprezzare la loro personalità, a smettere di sentirsi in difetto e a sostenersi nei propri bisogni: non c'è niente di male a voler passare le serate a casa con l'amica del cuore anziché andare a ballare in discoteca, a preferire le attività solitarie anziché i lavori di gruppo. Non c'è nemmeno niente di male ad essere impopolari, anche se fa soffrire.
Mi piacerebbe un giorno, come counselor, lavorare con le persone timide e introverse che vogliano valorizzare i lati più profondi e ricchi del loro carattere e imparare ad apprezzarsi per ciò che sono anziché provare con tutte le loro forze a diventare qualcun altro.

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