giovedì 8 agosto 2013

Su insoddisfazione, inconcludenza, e tanto altro

Volevo aggiungere un discorso un po' più circostanziato sulle mie insoddisfazioni, un po' per chiarirle a chi legge, se qualcuno legge, un po' per chiarirle a me stessa. In questo periodo in cui un sacco di gente fa fatica a campare io sono senza dubbio fortunata, visto che quest'anno mi concedo persino le vacanze. E insomma, in questo contesto generale, osare lamentarsi di ciò che si fa per campare genera di solito un'ondata di proteste: "ma di che ti lamenti, ma non vedi che sei fortunata?". E quindi, siccome solitamente cerco di contenermi per non sembrare una viziata ingrata, provo a sfogarmi qui.
Volevo dire qualcosa sul percorso che mi ha portata, ad oggi, ad un lavoro a tempo indeterminato che anziché farmi fare salti di gioia carpiati mi genera non poche frustrazioni.
Sono una di quelle che da piccola manifestava una modesta inclinazione per le cose artistiche: mi piaceva disegnare, mi incuriosiva la musica e leggevo per la maggior parte delle mie ore di veglia. Avrei, quindi, voluto fare il liceo artistico, ma pare che all'epoca venissi sconsigliata fortemente da una prof, con la motivazione che poi non avrei trovato nulla da fare. I miei genitori, che senza accorgersene proiettavano su di me i rispettivi desideri frustrati, non furono di grande aiuto. Fu così che non feci l'artistico, ma un liceo più "normale" che ebbe il risultato di farmi passare ogni voglia di studiare, da tanto che mi avevano ingozzata di nozioni. Dopo la maturità non avevo idea di cosa fare. Penso sempre più spesso che avrei dovuto prendermi del tempo e aspettare che mi si chiarissero le idee, e invece non ne ebbi il coraggio. Cercai qualcosa che fosse moderno e creativo, che mi incuriosisse senza darmi l'impressione della disoccupazione eterna. C'è da dire che, per fortuna, in effetti ho sempre lavorato. E per diverso tempo sono anche riuscita a fare un lavoro che per un po' mi era sembrato quello ideale: sottopagato e contrattualmente pessimo, ma mi divertivo, potevo creare il mio con discreta libertà, imparavo moltissimo a contatto con gente in gamba e avevo dei colleghi simpatici.
Per un po' ho davvero pensato: "non mi muoverò da qui". Poi... Le cose sono andate in un modo che non mi aspettavo. E insomma, è finita che da là me ne sono andata con l'amaro in bocca. Me ne sono andata con in mano un'alternativa che mi sembrava l'ideale per tirare avanti 6 mesi cercando altro. E invece da 6 mesi è diventato 1 anno, poi 2.
Nel frattempo imparavo a scoprire delle cose su di me: tipo che il vuoto grande che mi sentivo dentro la maggior parte del tempo non era un difetto da ignorare, e soprattutto che non l'avrei potuto riempire solo pensandoci fino a spremermi il cervello. Scoprivo che dovevo imparare a sentire. Che a 25 anni non sapevo chi ero perché nessuno mi aveva insegnato ad ascoltare cosa mi passava dentro e nel corpo, e anzi per una serie di ragioni avevo fatto di tutto per non sentire tante cose. E così provavo, facevo esperimenti, mi divertivo, mi emozionavo, mi arrabbiavo. Stavo anche da cani, molte volte.
Perché certe volte pare che il vuoto sia come una marea nera che ti affoga e quand'è così non c'è granché da farci - almeno, io finora non ho trovato granché da farci - se non tenere duro, aggrapparsi alle cose quotidiane, anche se sembrano assurde e risuonano stonate come un quadro surrealista, tenersi forte aspettando la prossima seduta... e poi un giorno ti svegli ed è passata.
Ti svegli e sembra che il mondo sia tornato normale, che la speranza esista di nuovo, che forse-forse c'è anche della bellezza. E si riparte.
E così, in questo mio ondeggiare come un pendolo tra sogni e realtà, tra umane disperazioni e serenità, mi trovo al punto in cui devo decidere se continuare a fare la ragazza di belle speranze che non prende nessuna strada per avere ancora l'illusione di poterle scegliere tutte, o se diventare grande, prendere decisioni, tentare, sbagliare, ma sbagliare dicendo: "questa sono io, cazzo".

2 commenti:

  1. Ti capisco benissimo e forse la risposta giusta pur sembrando confusionaria è quella che racchiude in sé un po' di tutto, in base a ciò che ci fa stare meglio in quel preciso momento.. Se domani ci và di sentirci grandi capaci di prendere decisioni serie e importanti facciamolo, ma se il giorno dopo ci ricordiamo di avere ancora la possibilità di cambiare e costruirci un futuro diverso ,perché no! sempre nel rispetto degli altri ovviamente, tenendo presente che le scelte sbagliate però poi ci presenteranno il conto! Complimenti x il blog e le cose che dici, sei molto brava.
    Marco.

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  2. Grazie per essere passato di qui e per i complimenti... Mah, a volte mi faccio prendere dal pessimismo cosmico, ma è vero che a seconda di ciò di cui abbiamo bisogno possiamo provare a cambiare... O perlomeno adattarci un po' le cose intorno, come un vestito da allargare o stringere!

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